Difficile risulta datare la chiesa di Poasco, la cui posizione sembra non avere alcuna relazione con il sistema di centuriazione e con i luoghi di culto su di esso costruiti.
Il primo documento pervenutoci fa parte del codice Bonomi della biblioteca di Brera, nel quale vi si legge che, il 20 ottobre 1161, prete Pietro, della chiesa di San Pietro in Campo Lodigiano e presbitero di Chiaravalle, acquista dei terreni da Musto Burro fu Ugone. Viene citato l’obbligo di riscossione di decime conferitogli dall’arcivescovo di Milano su: …pro illa decima quam ipse presbiter habebat in locis Madreniano et Podasco, sicut in in strumento pubblico continebatur. Pur attestandone l’esistenza esso non ci fornisce informazioni relative all’origine dell’edificio.
La storia locale a noi tramandata oralmente, vuole che essa sia stata costruita dai frati di Chiaravalle, detentori di terreni tutt’attorno. Tuttavia, fino ad oggi, non è stato ritrovato alcun documento che confermi l’esistenza di un rapporto tra la nostra chiesa e l’abbazia. Anzi, da un’attenta analisi delle mappe contenute nel “libro de li Prati” (Milano, Archivio di Stato) risulta che le proprietà dei frati confinassero proprio con il territorio di Poasco le cui terre, invece, appartenevano ad alcune ricche famiglie (tra cui i Bechariis e i Maggi).[Libro de li prati di Chiaravalle - anno 1578]
Si potrebbe pensare che la nostra chiesa sia una delle tante erette nelle campagne della “bassa padana” intorno al VII o VIII sec. ad opera di ricchi proprietari terrieri, probabilmente ex militi aretini, convertiti al cristianesimo che desideravano essere seppelliti in una tomba di famiglia. La presenza di questi militi nelle campagne circostanti a S. Donato, e, quindi, a Poasco è storia ben nota.
I CISTERCENSI E L’ABBAZIA DI CHIARAVALLE
Arriviamo così al XII secolo caratterizzato dalla figura di Federico I Barbarossa e dalla costruzione del monastero di Chiaravalle(1135) nel territorio che a quel tempo era chiamato Rovaniano. In seguito all’arrivo dei frati la configurazione delle nostre campagne cambiò notevolmente: essi infatti acquistarono tutt’attorno nuovi terreni per ampliare e rendere più compatte le loro proprietà; diedero un forte impulso e sviluppo all’agricoltura grazie ad una ingegnosa opera di canalizzazione, di irrigazione e di dissodamento dei terreni acquitrinosi; si dedicarono ad un’attenta opera di “roncamento” [Il “roncamento”, da cui probabilmente deriva il nome della cascina “Ronco”, è un’operazione che portava al dissodamento graduale del bosco. Si iniziava con una frequentazione sistematica del bosco ai fini dell’allevamento brado e col taglio delle piante più vecchie. Esso degradava così a macchiae sterpeto. Quindi si procedeva a togliere gli spini e gli arbusti, trasformando la macchia in prato naturale.Ancora più avanti nel tempo si spingeva nel prato l’aratro, aprendo i solchi per seminare] , con la quale dissodavano gradualmente le zone boscose trasformandole in macchie e sterpeti, prima e, successivamente, in prati naturali e, quindi, in campi arati. Nella fase di acquisizione di nuove proprietà da parte del monastero di Chiaravalle, durata fino al XIII sec. circa, si assiste ad uno scompaginamento della rete insediativa: il villaggio di Bagnolo, fu aggregato ai beni di Chiaravalle vedendo così diminuire il numero di nuclei familiari fino a ridursi ad una cascina; quello di Rovaniano svanì per essere sostituito da quello nuovo di Chiaravalle; unica traccia del villaggio di Madrenianum rimase la chiesa di S. Stefano, in seguito aggregata a Sorigherio e nel 1256 nella località del Tecchione vi erano solo coltivi, senza pi ù tracce del villaggio. Del villaggio di Poasco, di cui a noi sono pervenute poche notizie, sappiamo solo che alcuni terreni furono di proprietà del monastero di S. Ambrogio, oltre che di privati, come già detto.