Il roveto ardente

Cottolengo e l’abbandono nella Divina Provvidenza

LaParola

Se noi siamo rassegnati solo quando Iddio ci manda consolazioni e piaceri, credete pure, ci facciam pochi meriti, e non ci faremo mai santi: è necessario che ci mandi tribolazioni per provargli che siamo veramente figli della Divina Provvidenza; quantunque non avessimo di che nodrirci, di che vestirci, non dovremmo mai far questo torto al Signore con diffidare di lui, o mostrarcene tristi e malinconici. Via, siamo sempre allegri in Domino, egli pensa a noi più di quanto noi pensiamo a lui; e fa tutte le cose infinitamente meglio di quanto possiamo pensarle noi.

Ricordatevi di quello che disse Gesù Cristo nel santo Vangelo, cioè che non dobbiamo prenderci ansietà ed inquietudine per i bisogni di questa vita con dire: Che cosa mangeremo noi poi? Che cosa beveremo, e di che ci vestiremo? Perché Iddio, nostro Padre celeste, che nodrisce gli uccelli dell’aria e veste i gigli del campo, non abbandonerà mai l’anima fedele che confida in lui e tutta fiduciosa si abbandona alle sue mani amorose. Quest’anima è sicuramente a lui molto più cara degli uccelli dell’aria e de’ gigli del campo.

Giuseppe Cottolengo

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