L'incendio che nel 1950 ha devastato la sacrestia e l'abside della nostra chiesa non ha risparmiato l'archivio che allora lì si trovava, privandoci di qualsiasi documentazione scritta riguardante l'organo.
Una ricostruzione delle sue vicende è però possibile, con buona certezza, attraverso lo studio degli interventi subiti nel tempo e letti direttamente sullo strumento o dedotti, per quanto riguarda la situazione dell'organo dalle testimonianze dopo l'incendio, raccolte dalla memoria popolare.
L'organo era collocato all'inizio della navata sinistra, e lì restò fin dopo l'incendio del 1950, quando fu spostato nella sede attuale, nel transetto dietro l'altare della Madonna.
Per comprendere meglio le vicissitudini di questo strumento, è utile un suo inquadramento nella storia dell'organo italiano ottocentesco. La musica italiana ottocentesca coincideva sostanzialmente con il melodrammada di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, e degli altri grandi operisti nostrani: anche la musica organistica risentiva pesantemente dell'influsso dell'opera, e quindi era del tutto normale accompagnare la liturgia con trascrizioni di arie d'opera sia avvalendosi di cantanti, sia utilizzando il solo organo.
L'organo di Poasco, così come era uscito nel 1838 dalle mani di Antonio Brunelli, apparteneva in tutto e per tutto a questo tipo di strumento cosiddetto "serassiano", l'organo "normale" per quel tempo: un'unica tastiera di 52 tasti, i registri "spezzati", cioè suonanti solamente o nella parte acuta o nella parte grave della tastiera in modo da poter avere una metà dei tasti destinata a far cantare la melodia e I'altra metà ad accompagnarla, mentre i bassi, comandati da una piccola pedaliera, battevano il tempo a mo' di marcia.
Abbiamo potuto appurare come Antonio Brunelli non abbia costruito ex novo I'organo di Poasco, ma abbia ampliato uno strumento già esistente, costruito da un suo predecessore forse negli ultimi anni del Settecento, aggiungendo registri "di concerto" ritenuti indispensabili per avere un organo completo, secondo la concezione "serassiana", al punto di farlo diventare forse troppo grande per la piccola Chiesa di Santa Maria Assunta in Poasco e Sorigherio.
Della famiglia degli "organari Brunelli" di Milano si hanno notizie di attività in Lombardia e Piemonte per circa due secoli. Interessante è notare come la famiglia Brunelli conservò a lungo in Milano l'incarico di manutenzione degli organi di molte Chiese: il nome di Antonio Brunelli ricorre in quasi tutti gli archivi parrocchiali milanesi quale "salariato per la manutenzione all'organo".
In una circolare a stampa di metà ottocento si legge:
Giovanni Brunelli Maestro di Cappella della Chiesa collegiata di San Babila in Milano, figlio del fu Antonio fabbicatore d'organi ha l'onore di far noto ai molti Reverendi Signori Parochi e venerande Fabricerie che la fabrica e restauro d'organi prosegue sempre sotto la sua direzione con tutto l'impegno già fin dal 1842 epoca della morte di suo padre. Lo stesso è conservatore degli organi delle principali Chiese di Milano, come sarebbero quelli della Metropolitana, dell'I.R. Cappella ec. ec. Egli si compromette d'eseguire qualunque commissione di fabbrica o di restaurazione che le venga affidata, con quella precisione e solidità che si richiede, per lo che spera d'esser favorito da que' Signoi i quali abbisognassero dell'opera sua, non dubitando di poterli appagare colla perfezione delle opere stesse a tutta prova in Milano con fabbrica situata in Piazza Fontana al N°9.
All'ultimo smontaggio (1996) l'organo si presentava in uno stato di conservazione deplorevole essendo in disuso da parecchio tempo. L'impianto generale appariva trasformato e oltremodo disordinato, la cassa contenente questo strumento era costruita con materiale scadentee si presentava fatiscente essendo priva di fondo e il tetto chiuso da un semplice telo di plastica.
L'originale tastiera di Antonio Brunelli fu sostituita da una più lunga di 4 note (i primi 4 diesis) e portata a 56 note; gli originali comandi dei registri del tipo a manetta ad incastro furono sostituiti da pomelli posti in linea orizzontale sopra la tastiera; i registri sonori ridotti a 8 con la seguente disposizione:
- Principale 8 piedi
- Ottava 4 piedi
- Quintadecima 2 piedi
- Ripieno
- Voce Umana 8 piedi
- Flauto 4 piedi
- Viola 8 piedi
- Bassone 16 piedi
Il prospetto fu ribassato e riformato a tre campate con canne disposte a cuspide (9 + 21 + 9) la cui campata centrale sonora è corrispondente al registro Principale 8 dal tasto n. 13. Il resto della facciata era composto di canne in zinco di scarso valore artistico di cui due per parte suonanti ad ottenere le quattro note mancanti nella campata centrale.
Fu conservata in parte la vecchia trasmissione meccanica che però fu abbondantemente modificata privandola anche della Terzamano. Non mancarono spostamenti e rimaneggiamenti alla parte fonica delle canne che vennero ridotte drasticamente di numero e di qualità sonora ottenendo, in fase di intonazione ed accordatura, una sonorità comunque molto povera.
L'organo di Poasco fu quindi oggetto di un totale stravolgimento: praticamente tutti i registri di concerto furono aboliti come era di moda.
Nell'ultimo quarto del XIX secolo ci si rese conto di come la musica di tipo operistico mal si accordasse con la liturgia risultando estranea al contesto nel migliore dei casi, ed irriverente nel peggiore (si pensi al momento dell'Elevazione "commentato" da motivetti ballabili o da passionali arie amorose...).
Sorse prima in Europa e poi anche in Italia, quello che si definì "Movimento Ceciliano", da Santa Cecilia, patrona dei musicisti, con lo scopo di riportare la Musica Sacra ad una maggiore dignità e coscienza.
A questo movimento in ltalia, si appoggiò una nuova generazione di organisti, insofferenti della dilettantesca prassi dell'Ottocento,che incominciò a propugnare una "Riforma dell'organo Italiano" specialmente dal punto di vista tecnico, con l'uso di più tastiere e una
pedaliera più estesa che potesse essere utilizzata come tastiera autonoma e non più solo per battere il tempo.
Anche le risorse sonore dovevano differenziarsi dai modelli ottocenteschi, ritenuti di cattivo gusto. Naturalmente molti organi antichi vennero "riformati" per adeguarli al nuovo gusto. Tale riforma consisteva nell'abolizione di registri da concerto, di registri a percussione di carattere bandistico e installando nelle file rimaste libere registri più rispondenti alle odierne esigenze musicali.
Spesso il tutto veniva riarmonizzato, rendendo il timbro dell'insieme più rotondo e corposo ma anche più scuro rispetto alla brillante sonorità ottocentesca.
Va da sé che, laddove tali trasformazioni erano effettuate da buoni organari, buono era anche il lavoro che ne usciva: ma spesso non fu così.
Nel caso dell'organo di Poasco, l'intervento di ammodernamento si è rivelato, al momento dello smontaggio, addirittura disastroso.
L'autore di tale intervento fu I'organaro varesino Francesco Nasoni (già dipendente di Cesare Bernasconi, esponente di una delle più importanti famiglie di organari varesini della seconda metà dell'ottocento) che appose la propria targhetta, a testimonianza del lavoro svolto, sopra la tastiera. L'intervento potrebbe risalire tra il 1920 e il 1930.
Nell'ambito degli ultimi ampi lavori di restauro della chiesa si presero in esame anche quelli per l'organo pertanto la Parrocchia interessò al problema diversi artigiani organari che visionarono lo strumento, ma affidò i lavori alla ditta FRANCESCO & SERGIO CASTEGNARO - Fabbrica d'organi da Chiesa di Milano - che smontò lo strumento nell'Agosto del'1996 dopo aver presentato un progetto dettagliato ed un preventivo di spesa che vennero approvati dalla Soprintendenza di Milano.
Trasportato in fabbrica tutto il materiale costituente l'organo si procedette ad effettuare una attenta analisi delle singole parti. Questo lavoro durò diversi mesi ed ha consentito di acquisire la certezza sull'attribuzione della paternità dell'organo ad Antonio Brunelli, sul fatto che lo stesso Antonio Brunelli costruì il suo strumento incorporando materiale di uno strumento più antico e più piccolo(forse di un altro Brunelli) e la certezza che la ricostruzione dello strumento di Antonio Brunelli fosse la strada più giusta da seguire, anche con l'approvazione e la collaborazione teorica della Soprintendenza.
In sintesi i lavori che si sono resi necessari alla ricostruzione sono stati i seguenti:
- Ricostruzione ex novo di tutta la struttura portante in legno massello
- Ricostruzione di tutte le trasmissioni meccaniche eliminate dal Nasoni durante l'intervento del 1920 - 1930 e restauro di quelle originali.
- Restauro di tutti i somieri originali e ricostruzione del crivello originale.
- Restauro accurato di tutte le canne originali sia quelle di metallo che quelle di legno.
- Ricostruzione dei registri "da concerto", in particolare i registri ad ancia
- Ricostruzione di due mantici del tipo "a cuneo" in stile antico in quanto il mantice esistente non era sufficiente al fabbisogno d'aria dello strumento
- Fornituradi un nuovo elettroventilatore perfornire aria ai mantici
- Ricostruzione della tastiera originale a 52 tasti e della pedaliera originale
- Ricostruzione dei comandi di registri a manetta
- Ricostruzione della Terzamano.
- Ricostruita ex novo la cassa esterna.
- Rimontaggio, intonazione ed accordatura.
Le caratteristiche generali dell'organo ricostruito ricalcano quelle di Antonio Brunelli e sono:
- Tastiera di 52 tasti (DO-SOL) con prima ottava corta.
- Pedaliera di 18 pedali (DO -SOL): l'ultimo pedale comanda il Rollante.
- I registri attualmente sono così disposti:
- Terzamano Principale 8 bassi
- Fagotto bassi Principale 8 soprani
- Trombe soprani Ottava 4 bassi
- Violoncello bassi Ottava 4 soprani
- Corno Inglese soprani XV
- Flutta soprani XIX
- Flauto in VIII XXII
- Flagioletto bassi XXVI-XXIX
- Ottavino soprani XXXIII-XXXVI
- Cornetto soprani Contabassi
- Voce Umana
- Divisione bassi/soprani Si24 - Do25.
- Comandi dei registri a manetta posti alla destra dell'organista.
- Pedaloni per Combinazione Libera e Tiraripieno.
- Canna maggiore della facciata FA 6 del Principale 8 bassi.
Siamo dunque ad una nuova tappa della storia di questo strumento. La storia del nostro organo è complessa, ma proprio da tale complessità nasce buona parte della sua preziosità. Quest'ultimo lavoro di restauro e rifacimento è stato uno degli aspetti più interessanti di questa storia, anche al di là dell'impegnativo intervento tecnico i cui lavori sono stati seguiti, per la Soprintendenza ai beni artistici e culturali, dal Prof. Maurizio Ricci di Pavia.
Ci auguriamo che questo restauro dell'organo possa diventare occasione di una rinnovata coscienza della ragione di fondo per cui I'organo di Antonio Brunelli esiste nella chiesa di Poasco e Sorigherio: esso è una voce adatta ad esprimere la fede quotidianamente vissuta, accompagnandone il canto.
Fonte bibliografica : L'organo "Antonio Brunelli 1838" - Anno 2000