È difficile datare la chiesa di Poasco, la cui posizione sembra non avere alcuna relazione con il sistema di centuriazione e con i luoghi pagani di culto su di esso costruiti.
Il primo documento di cui disponiamo fa parte del codice Bonomi della biblioteca di Brera. Vi si legge che, il 20 ottobre 1161, un certo prete Pietro, della chiesa di San Pietro in Campo Lodigiano e presbitero di Chiaravalle, acquistò dei terreni da Musto Burro fu Ugone. Viene citato l’obbligo di riscossione di decime confentogli dall’arcivescovo di Milano: “pro illa decima quam ipse presbiter habebet in locis Madreniano et Podasco, sicut in strumento pubblico continebatur”. Pur attestandone l’esistenza, il codice Bonomi non ci fornisce però informazioni relative all’origine della chiesa stessa.
Secondo una tradizione tramandata oralmente, la chiesa di Poasco sarebbe stata costruita dai monaci di Chiaravalle, proprietari dei terreni circostanti. Ma, fino ad oggi, non è stato trovato alcun documento che confermi l’esistenza di un rapporto tra la nostra chiesa e l’abbazia. Anzi, da un’attenta analisi delle mappe contenute nel “libro de li Prati” (Milano, Archivio di Stato) risulta che le proprietà dei monaci confinassero proprio con il territorio di Poasco le cui terre appartenevano, invece, ad alcune ricche famiglie (tra cui i Bechanis e i Maggi).
Si potrebbe pensare che la nostra chiesa sia una delle tante costruite nelle campagne della bassa padana intorno al VII-VIII sec, ad opera di ricchi proprietari terrieri, probabilmente ex soldati aretini, convertiti al cristianesimo, che desideravano essere seppelliti in una tomba di famiglia.
La presenza di questi soldati di Arezzo nelle campagne circostanti S.Donato, e, quindi Poasco, fa parte di una storia ben nota. Nel periodo delle occupazioni longobarde essi furono assoldati da Gnmoaldo, duca di Benevento, chiamato in aiuto da Gotoperto per scalzare l’autorità del fratello, Bertando, a Milano. Il duca di Benevento, dopo aver concluso vittoriosamente le proprie campagne, seppe sfruttare a proprio favore le vittorie riportate e, ucciso Gotoperto, si proclamò re del regno longobardo.
Gnmoaldo trattenne presso di sé i militi aretini ed in premio cedette loro terre milanesi nella zona del Lambro e di 5. Donato. Convertitosi al cristianesimo, Gotoperto cambiò la sua politica aspramente anticattolica; i suoi soldati iniziarono a costruire chiesette, pertopiù dedicate a santi protettori dei guerrieri longobardi, nelle terre a loro concesse (solitamente in prossimità di un cimitero). La chiesa di S. Donato (VII sec.) dedicata al vescovo di Arezzo, è una testimonianza della presenza di una colonia di militi aretini nel nostro territorio.
Già ci siamo soffermati nella parte relativa alla storia del nostro paese sulle supposte origini longobarde (VII sec) della chiesa di Poasco. Sappiamo per certo che la chiesa, dopo aver subito varie modifiche, venne praticamente rifatta verso il 1450 ed a questo nassetto si deve la singolare planimetria a “I” attestata dalle piante cinquecentesche (foto 36). Benché mascherata all’esterno da sovrapposte strutture nello stesso stile quasi squallido che caratterizza le opere edilizie affrettatamente compiute dopo la terribile peste del 1630,11 suo interno, risalente alla seconda metà del XV secolo, presenta interessanti aspetti architettonici.
Si tratta di un quadrato centrale con volta a crociera a cordonature tonde, poggianti ai quattro lati su mensoloni a fiorami. Predomina l’arco acuto ed i quattro archivolti si addossano su sporgenze di poco conto. Da circa tre secoli, però, uno dei bracci fu allungato e la chiesa allargata sul lato dove era originariamente l’ingresso, sul piazzale, fino al 1784 c’era il cimitero della comunità.
Come indicato dagli studi del Prof. Andrea Spiriti nell’opuscolo “Parrocchia Santa Maria Assunta — Poasco e Sorigherio” del 1996, “meritano particolare rilievo i grandi arcani ogivali che scandiscono il ritmo dell’ambiente, conferendogli un singolare tono di compromesso fra pianta centrale e pianta longitudinale che trova importanti raffronti in area milanese, come ad esempio la chiesa agostiniana di S. Maria Incoronata. Una struttura, dunque, ancora di sapore gotico eppure già umanistica nelle soluzioni spazial4 e molto abile nell’uso delle grandi volte a crociera. Più prevedibile la facciata, dalla semplice impostazione a capanna; và però detto che le fotografie d’inizio secolo ci restituiscono una decorazione a fasce oggi scomparsa: elemento importante perché inserisce l’edificio in quella tipologia assai diffusa in Lombardia tra ‘500 e ‘600. Da rilevare, poi~ le somiglianze con complessi della zona come l’oratorio della Santa Croce di Tnulzo, analogo in particolare nell’impostazione della facciata.
La decorazione interna doveva comprendere molti affreschi: avanzano solo due lacerti sui primi pilastri della navata centrale, raffiguranti Sant’Apollonia e San Clemente: soggetti alle consuete quanto inverosimili attribuzioni ai grandi artisti rinascimentali attivi nella zona (Borgo gnone e Lumi), essi sono in realtà assai diversi per stile. La Sant’Apollonia, dalle delicate fattezze umaniste non lontane dall’amore per i dettagli proprio dell’area culturale del Maestro di Camuzzago, può essere collocata intorno al nono decennio del Quattrocento ed accostata ad opere come gli affreschi dell’antico monastero di Montesiro Bdanza. Datato 1515 da un’iscrizione lacunosa, il San Clemente è più prevedibile ed impacciato nella sua ieraticità, ma merita rilievo sia per la diffusione del culto dei primi Papi — caratteristico della Lombardia di inizio ‘500, per l’importanza degli inteiventi di Giulio li e Leone X in anni di lotte tra gli Sìbrza, gli Svizzeri, la monarchia francese e l’unione tra Impero e Spagna
— sia per il riferimento specifico ad un Santo molto caro alla dinastia medicea di Leone X: non a caso nel 1523 suo cugino Giulio de Medic~ divenuto Papa, assumerà il nome di Clemente VII.
Alla decorazione della chiesa nell’età di Federico Borromeo, oltre al Fonte Battesimale e all’Acquasantiera, di nobile linearità, pare risalire il dipinto oggi alla parete destra dell’ingresso, sopra il confessionale: il tema non rarissimo ma nemmeno ovvio (commiato di Gesù dalla Vergine) tra il suo modello immediato dal celebre dipinto di Cailo Urbini tuttora nel Santuario milanese di Santa Maria dei Miracoli, ed inserisce Poasco in un filone rilevante del pieno manierismo milanese”.
La chiesa di Poasco, ebbe ad “arricchirsi” di oggetti sacri con le riforme ecclesiali volute dagli Austriaci prima e dai Francesi poi. Infatti il 24 agosto 1786 fu donata alla chiesa dal “Real lmperio Consiglio Governativo” una campana, proveniente dalla soppressa chiesa della Compagnia della Santa Croce, posta fuori Porta Orientale ed il 3 febbraio 1787 ebbe in regalo l’attuale altare di marmo nero, intagliato ed istoriato, proveniente dal soppresso Oratorio del Bambin Gesù, situato fuori Porta Comasina. In quell’occasione fu tolto il vecchio altare in legno dorato e bronzato, ricavandone dalla vendita 23 lire.
Orazione nel GetsemaniNeI 1799, andando venduti i beni della soppressa Abbazia di Chiaravalle (per effetto dell’editto napoleonico che sopprimeva gli ordini religiosi), furono comprati “all’asta di Chiaravalle” quattro reliquiari pagati 30 lire e quattro candelabri aventi forma di ramo dì fiori, pagati 20 lire.
Settecentesca pare essere la statua della Madonna del Rosario appartenente ad una tipologia assai diffusa a Nord di Milano e di lontana discendenza iberica, come dimostra il celebre modello venerato nel Santuario di Cusano.
L’Ottocento vede i notevoli interventi della pala di San Lorenzo (attualmente conservata nell’archivio della casa parrocchiale) e di quella dell’Orazione nel Getsemani (sopra il Fonte Battesimale), rilevanti nella coesistenza di un accademismo tardo neo-classico e di spunti eclettici, a testimonianza di una vitalità artistica inesausta che ha caratterizzato nei secoli la Chiesa dell’Assunta in Poasco.