CRISTO RE – ANNO A
2 Sam 7,1-6.8-9.12-14a.16-17; Salmo 44; Col 1, 9b-14; Gv 18,33c-37
Quando ci rappresentiamo Cristo re, per rapportarci alle regalità del mondo, facciamo vestire Cristo con i segni dello splendore terreno e questo può risultare anche appagante. I mosaici lo ritraggono così; lo ritraggono nell’atteggiamento maestoso e severo, vestito di porpora e seduto come giudice, alla fine dei tempi, su un trono prezioso. Tuttavia, il Vangelo, presentandoci Gesù irriso e battuto dai soldati, altri non è che il vero Re; la sua regalità non può essere compresa né dalla nostra ragione né dalla nostra immaginazione perché va oltre: «Il mio regno non è di questo mondo». La corona di Cristo ha ben altro dolore e le sue gemme sono le spine conficcate nel capo che dicono a ciascuno di noi quanto la sua regalità sia contornata e immersa nell’Amore «che non ha confini» (Preghiera Eucaristica VI). Il suo trono, infatti, non sarà un trono preziosissimo che evidenzia distanza, ma è il trono della Croce che non conosce e non concepisce l’orgoglio. Quello scandalo della Croce ci dice Paolo, ci ha: «Resi forti di ogni fortezza», così che possiamo ringraziare «con gioia il Padre» che ci ha: «trasferiti nel regno del Figlio del suo amore». È su quel trono che Gesù Cristo è salito per abbracciare il mondo non con la spada: «se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei», ma con l’Amore di Dio che è talmente affilato da riuscire a tagliare l’orizzonte ed indicarci percorsi di vita totalmente diversi da quello che il potere delle immagini, così caro al nostro tempo, fa di Pilato l’interprete magnifico. L’egemonia delle immagini si basa proprio su questo; ci dice che se si sa vendere bene la propria apparenza, poi quello che si dice per governare è relativo, quello che si promette lo si può anche non realizzare tanto con il tempo uno se lo dimentica. Pilato è specchio di questa realtà; egli non vuole incontrare la Verità che sta davanti a lui indifesa e che ha un volto vero! «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» dice Gesù a Pilato e Pilato dirà: «Che cos'è la verità?» (Gv 18,38), ma lo dirà uscendo dal pretorio non fermandosi davanti a Lui. Egli che non capisce nulla di quanto gli sta succedendo, non tenta nemmeno di entrare con più profondità nel dibattito. Questo è il vero pericolo che corriamo anche noi tutti i giorni, il rischio di non riuscire a fare della nostra vita un luogo di riflessione in cui accedere ad uno spazio più profondo che ci permette di riconoscere la presenza del Signore nelle cose più semplici. Pilato è molto probabilmente più vicino a noi di quanto crediamo; Pilato siamo noi ogni volta che, in una situazione inestricabile come la sua, vogliamo allontanarci a discapito della verità. Pilato siamo noi quando evitiamo le decisioni difficili che ci costringerebbero a far luce sul nostro cammino di verità su noi stessi. Pilato siamo noi quando, per una scelta consapevole, basiamo la nostra decisione su ciò che è semplicemente utile, piuttosto che su ciò che è vero, o basiamo la nostra decisione sulle nostre emozioni piuttosto che sulla ragione che la verità porta. Pilato siamo noi quando ci allontaniamo dalla Verità e lasciamo che si commetta il peggio. Del resto, noi siamo i figli di un secolo che ha voluto confinare la verità volendola addomesticare a vantaggio del proprio tornaconto.
Oggi il Vangelo ci dice che la Verità ha sofferto sotto Ponzio Pilato (lo affermiamo nel Credo), ma è Verità che non è vinta dalla morte! Gesù Cristo che è la Verità che dà senso alla nostra vita ci viene incontro e si fa vicino per trasformarci in figli e liberarci dai nostri preconcetti e immagini sbagliate. Questo è il cammino di ogni anno liturgico che si chiude e nello stesso tempo si riapre.
Le parole del Vangelo oggi ci mettono di fronte alla vera questione sulla verità; essa, infatti, non è posta da Pilato, ma da Cristo stesso: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». L’essere re come Gesù lo interpreta è la vera questione posta al cuore della storia ed a ognuno di noi; la domanda di Pilato è domanda che chiede il nostro scuoterci per riconoscere se davvero la verità che è sulle nostre labbra sia davvero la verità che alberga nel nostro cuore. Il nostro mondo che sembra comunicare sempre di più grazie alle tecnologie, in verità dialoga sempre meno; è un mondo che abbandona la Verità a favore dell'autorità dell’egoismo. La festa che oggi celebriamo, invita tutti a fare un passo decisivo verso l’autorità che scaturisce da quell’Amore. Siamo chiamati a spogliarci della bramosia di dominio che il nostro egoismo sempre impone, per accogliere nella nostra vita la misericordia di Dio. Se riusciamo ad inscrivere la nostra vita nel cuore di Dio fidandoci e affidandoci a Lui, scopriremo davvero che la Verità non è qualcosa che si possiede, ma è una Persona che si rivela, che ci avvolge e che dobbiamo ricercare con coraggio e pazienza. Le nostre storie, il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro, sarà sempre abbracciato da Gesù Cristo che cammina accanto a noi capace di racchiudere e superare il tempo e lo spazio perché eterno e infinito. Ecco il re che non si impone e ci lascia vivere fino in fondo la nostra libertà. È re perché sempre pronto a camminare accanto alla sua creatura, a guidarla, a sollevarla, a redimerla, sta a noi farlo regnare sulle nostre vite. Le nostre sconfitte, le nostre rovine, i nostri sacrifici, ma anche le nostre gioie e i momenti belli che possiamo vivere, segneranno ancora il nostro tempo, ma questo camminare tra sforzi e cadute, tra rovine e gioie, tra fragilità e desiderio che il nostro tempo presenta, sarà sempre abbracciato, dall’inizio alla fine, dal Suo amore. Gesù è re per questo, il suo potere è la forza dell’Amore che è la verità di Dio perché Dio è così. La Verità che non può essere delimitata e non può essere declinata dagli infiniti discorsi umani sta esattamente tutta nella Rivelazione che ci dice: «Dio è amore» (1 Gv 4,8). Paolo lo traduce dicendoci: «È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione». Con questa immagine si chiude l’anno liturgico. Gesù alla vigilia della sua Pasqua ha detto: «Vado a prepararvi un posto […] perché siate anche voi dove sono io» (Gv 14,2-3), ebbene, la Croce stabilisce il Suo regno di amore, di giustizia e di pace come casa per tutti e nessuno può dirsi tagliato fuori perché l’Amore è riversato su tutti. Ci viene chiesto però di avere il desiderio di entrarci in quella casa e non comportarsi come il fratello maggiore che non voleva entrare della parabola il Padre misericordioso (cfr Lc 15,11-32). Ti chiediamo o Signore di continuare ad essere il re che ci ospita e che ci dà casa, un re famigliare con noi che mette la tenda e accompagni il nostro cammino. Solo così, il tempo non sarà più scansione e durata, ma sarà attimo infinito perché lì sarà il nostro eterno incontro con l’Infinito senza tempo.