Eccoci qua! Siamo entrati in un nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento! La sfida vera sarà quella di ricevere questo periodo che periodicamente ritorna, per viverlo come momento privilegiato che ci prepara a celebrare la gioia del Natale. C’è un canto molto bello che generalmente viene eseguito durante il periodo di Avvento il cui ritornello dice così: “Nella notte o Dio, noi veglieremo, con le lampade, vestiti a festa, presto arriverai e sarà giorno”. È descritta la prospettiva dell’Avvento come grazia di essere pienamente nella vigilanza; è sottolineato l’atteggiamento di chi dice: attendo con gioia e per questo rimango sveglio. È attesa dunque di dissipazione di quelle tenebre che non sono le ombre che calano irrimediabilmente sulla nostra giornata, ma più in profondità sono le ombre che appesantiscono e offuscano il cuore. L’Avvento è augurio di serenità che fa dire a Paolo: «Come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita»; un tempo di preparazione di un cuore che si vuole disporre ad un incontro ritenuto fondamentale per la propria esistenza. Tutta la Chiesa, chi prima e chi dopo, è chiamata a vivere questo tempo di speranza che dà pace perché il Salvatore, il Signore Gesù: «radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo». L’Avvento allora è davvero grazia dataci da Dio Padre per rimetterci in piedi verso la meta indicataci da Paolo; grazia del Padre che apre alla speranza perché ci fa capire che ogni Suo gesto d’amore è eterno. È tempo che ci è consegnato per fissare gli occhi su Gesù che ci sta venendo incontro. Allora capiamo come questo periodo del nuovo anno liturgico sia davvero prezioso e non possa essere ridotto alla sola commemorazione di un evento passato, ma come opportunità in cui la prontezza, la sollecitudine verso quell’incontro, deve essere la base su cui appoggiare il cammino della nostra fede. «La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo. Da una parte, essa procede dal passato, è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vincere la morte», scrive Papa Francesco al n. 4 della “Lumen Fidei”; l’Avvento è proprio questo tempo che pone l’accento sul futuro. Mette in rilievo l’importanza del tempo presente che non deve essere vissuto come puro intervallo o uno spazio vuoto, ma come trampolino sul futuro. La venuta di Cristo nella storia, la sua incarnazione, è venuta trasformativa anche per noi oggi, e se a volte la nostalgia del Natale della nostra infanzia può prendere il sopravvento, la liturgia della Chiesa ci invita ad un atto di memoria fondante per la nostra stessa esistenza. L’Incarnazione di Gesù Cristo, infatti, ha influenzato tutta la storia, ha richiamato l’intera umanità a vivere da figli come Lui è Figlio. Riconoscere la venuta “nascosta e velata” di Dio che chiede di riconoscerlo in un Bambino, deve portarci ad aprirci verso di Lui. Se Dio ha compiuto questo passo nell’umiltà più profonda, è perché Lui non vuole avere distanze, ma vuole condividere la nostra vita. Nei tempi complicati che stiamo attraversando, l’Avvento chiama a rivitalizzare la nostra speranza per fondarla su ciò che nell’esistenza umana ha più concretezza e riconoscibilità: l’amore; e se l’amore è perno assoluto della vita umana, l’Amore di Dio Padre lo supera infinitamente perché ci raggiunge in ogni situazione. A questo siamo invitati in queste sei settimane che ci sono offerte per disporre i nostri cuori a questa gioia: «Prepararsi a una gioia così grande», dice san Benedetto, «è già gioia!».
Vegliare e pregare sono inviti che faranno spesso capolino in queste settimane; è davvero tanto facile darsi per vinti e addormentarsi per il semplice fatto che non aspettiamo più nessuno; vegliare è chiamata per tutti alla vigilanza che non permette la facile possibilità di “ubriacarsi” per evadere dalla storia e crearsi un mondo alternativo e fittizio che non affronti la realtà. Siamo invitati a pregare perché la preghiera è la grande risorsa del credente: qui le energie di Dio diventano le nostre. Pregando si riesce a cogliere l’affacciarsi del Risorto che, giorno per giorno, bussa alla porta del nostro cuore (cfr Ap 3,20). Avvento dunque, come attesa che vivifica, rianima il nostro desiderio di avvertire su di noi lo sguardo affettuoso e compassionevole che solo Colui che ha vissuto l’esperienza più amara della vita, sa avere. Scopriamo lì la nostra vocazione di figli; lo scopriamo in quel futuro che la Fede ci consegna come dono e che chiama tutti ad immergersi. Allora è bello che possibilmente tutti sappiano ritagliarsi un tempo costante per la ripresa fedele anche solo di alcuni passi della Parola di Dio ascoltata la domenica. La preponderanza dei testi del profeta Isaia che ci accompagnerà durante questo periodo, irrigheranno le attese nelle nostre settimane. Anche la figura di Giovanni Battista nutrirà la nostra preghiera. Egli, che ha ricevuto da Dio la missione di indicare a tutti Colui che viene come il Messia, aiuterà a porci la domanda per noi decisiva: chi aspetto oggi nella mia vita? Due aspetti decisivi per la nostra preparazione, ma che devono essere accompagnati dalla carità. Se non viviamo bene la carità, tutto quanto potremo mettere in atto con meditazioni o ritiri, non ci sarà utile. Cirillo di Gerusalemme, vescovo di quella città nella metà del IV secolo, nelle sue catechesi usava spesso una frase il cui significato lo si può condensare con questa battuta: “se l’Incarnazione è pura immaginazione, anche la salvezza sarà pura immaginazione”. Come a dire che senza la carità che l’Incarnazione rende operante per tutti e che fa andare oltre il proprio piccolo orticello, le nostre parole, le nostre convinzioni che esprimiamo sul valore che l'uomo ha per Dio, non trovano significato. L’Avvento è proprio tempo propizio per questo; la preparazione a scorgere Gesù, affidata alla nostra vigilanza, è ben orientata se il senso della Sua attuale presenza tra di noi è posto nel fratello che sempre ci interroga. Non dobbiamo aspettare segni eclatanti per vedere la venuta di Gesù, basta il volto del fratello. Lì, in quell’incontro potremo vivere la grazia che Dio Padre ci fa per rimetterci in piedi e che ci permette di arrivare alla meta indicata da Paolo: «In Cristo tutti riceveranno la vita». Ogni gesto d’amore, fosse anche piccolo piccolo come il dare un semplice bicchiere d’acqua, rimarrà eterno gesto d’amore. L’attesa della venuta di Gesù nella storia umana che si concretizzerà in Betlemme, ma che da lì arriva fino al Golgota, sarà introduzione alla vita eterna per coloro che avranno amato come Lui (cfr Mt 25). I cristiani non si occupano della fine del mondo, si occupano del fine, dello scopo, della meta perché la Rivelazione ci offre la possibilità di scoprire ciò che ha durata e solidità e ciò che inesorabilmente muore. Torna ancora l’Avvento…e torna per tutti noi affinché anche noi possiamo dire con Sant’Agostino: «Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai».