Ho fatto un sogno stanotte.
Ho sognato la pace.
La pace per me.
La pace del cuore,
quella calda sensazione di quiete,
quella che profuma di arancio e limone.
La pace della mente,
quella profonda che fa riposare i pensieri,
quella che sa di lavanda e gelsomino.
Ho fatto un sogno stanotte.
Ho sognato che le strade si riempivano di passi svelti e mani leggere.
Strade sorridenti e porte aperte.
Marciapiedi puliti e panchine rumorose.
Negozi accesi che profumavano di buono
Ho fatto un sogno stanotte.
Ho sentito voci amorevoli che rispondevano a saluti commossi.
Ho ascoltato parole festanti che animavano orecchi attenti.
Ho guardato occhi aperti in occhi desiderosi.
Ho fatto un sogno stanotte
E poi mi sono svegliato.
E ho visto.
Marciapiedi diventati nuovamente veloci crocevia di affanni ritrovati e mai persi.
Porte chiuse a chi bussa.
Negozi che restano chiusi per la paura di perdere ancora di più di quel che hanno perso e clienti timorosi di spendere soldi che forse non hanno.
E ho sentito.
Parole d’odio e disprezzo verso chi ha scelto diversamente da chi le pronunciava.
Parole d’odio scritte ma urlanti come se fossero dette.
Accuse a ritorni non voluti solo per la vista di tuniche verdi e diverse dalla partenza.
Voci lamentose di chi non ha mai smesso di farlo e continua a volerle dissimulandone la proprietà.
E ho avvertito dentro che la pace sognata e conquistata stava per essere attaccata.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”
Quella pace che il mondo non da in Te la posso trovare.
Ma ci hanno tolto la libertà di culto, ho sentito dire.
Ci hanno chiuso le chiese,
ho sentito dire.
Ci hanno impedito di essere cristiani,
ho sentito dire.
Anche io l’ho detto quando ancora ignorante lasciavo che altri pensassero per me.
Ma:
quella pace che in te trova casa è stata la chiesa che ho sognato e la chiesa che ho vissuto e condiviso.
Le porte della chiesa aperta sono state le braccia Tue che accoglievano.
Le case aperte al Mistero sono state il culto domestico ritrovato.
La liturgia famigliare ha dato nuovo desiderio alla liturgia comunitaria.
La pace in Te è stata la pace in me.
Qla pace che sento in pericolo ora.
Qla pace che sento sfuggente se non confido in te e se non mi affido a Te.
“Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore” ci hai suggerito e io quel tuo invito l’ho sentito vivo, ogni giorno, lo sento vivo, ogni giorno.
Ma il cuore si turba quando non ha da mangiare.
Il cuore si turba quando non può dare da mangiare.
Il cuore si turba quando ascolta il mondo e non ascolta Te.
Mi sono seduto.
Mi sono fermato.
Mi sono rialzato.
E ti ho visto lì, seduto accanto a me prima che mi alzassi.
Non ti avevo visto prima.
Ero fermo e cieco nel mio stare seduto.
Guardavo solo me, il mio essere seduto.
Mi sono rialzato.
E ho ricominciato a sentire la pace.
Ho chiesto per te lo stesso.
E con me l’ha chiesto chi ha il coraggio della domanda e non la presunzione della risposta.
E con me ha sentito risposte mute ma piene di presenza chi non si è limitato a guardarne l’assenza.
E come me l’ha urlato chi non si accontenta delle parole, ma fa diventare un gesto più intenso di un discorso.
E con me l’ha capito chi non si accontenta della regola ma guarda all’anima profonda che l’ha scritta.
E con me l’ha gustato chi cerca il sapore delle cose e non solo la loro ricetta.
Siamo in tanti.
Non siamo in pochi.
È ora di alzare la voce.
È ora di vivere la pace.
È ora di sentire la vita.
Ho fatto un sogno.
Mi sono svegliato.
Posso tornare a sognare vivendo.
Ti voglio bene amica mia.
Ti voglio bene amico mio.
Continuiamo a rendere possibile il nostro sogno.
Amen